I senza nome

I senza nome

Le forze invisibili che fanno la storia

“Ogni fenomeno è traccia materiale delle forze invisibili che l’hanno generato, fusione indissolubile di contenuto e forma, di elementi interiori ed esteriori. Così va intesa quella pittura che, affrancata da propositi figurativi, aspira a incarnare sensazioni, emozioni e passioni, in una parola: l’intima essenza della vita”. Vasilij Kandinskij, Pensieri

 

L’importante sta nell’ombra

“Tutto quel che è interessante avviene nell’ombra, decisamente. Nulla si sa dell’autentica storia degli uomini”. Louis Ferdinand Celine (voyage au bout de la nuit”)

 

L’anonimo riscatto umano

“Ma allora c’è la storia. C’è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall’altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m’intendi? uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un’umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi.

L’altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell’odio, finché dopo altri venti o cento o mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene, loro per restarne schiavi.

Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l’operaio dal suo sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni, per il paria dalla sua corruzione.

Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l’uomo contro l’uomo”. Italo Calvino, “Il sentiero dei nidi di ragno”

 

La tomba senza nome di Lev Tolstoj (vedi immagine)

“Seppellitemi là dove sarò morto nel cimitero più modesto, se accadrà in una città, e nella bara più a buon mercato come si farebbe per un mendicante”, aveva scritto il 27 marzo del 1895.
Lev Tolstoj morìnel 1910 (1828-1910) in una stazione ferroviaria mentre si allontanava dalla moglie e dalla famiglia con cui si era aperto un conflitto per le sue idee dalla parte degli umili e dei sommersi. L’umile tomba del più grande scrittore russo dell’800 è in mezzo al bosco, vicino alla tenuta di Jasnaja Poljana, a 200 chilometri da Mosca, dove aveva trascorso gli ultimi anni nel sogno della sua utopia. Senza croce, senza epitaffio, senza nome è solo un cumulo di terra, così come aveva desiderato . Il punto preciso della sepoltura è il posto dove, da bambino, con l’amato fratello maggiore Nikolaj, avevano cercato “il bastoncino verde”, una piccolo ramoscello considerato magico: chi avesse scoperto il bastone e se ne fosse impossessato, avrebbe avuto il potere di rendere felici tutti gli uomini e far sparire dolori e povertà.

A Jasnaja Poljana, Tolstoj nel 1859, prima dell’abolizione della servitù della gleba, aveva aperto una scuola per i figli dei contadini nel 1859, avendo intuito la necessità dello studio per un possibile riscatto. In quegli anni c’era stata la sua massima adesione alla parola del Vangelo, in particolare al “Discorso della Montagna”, che diventerà il fondamento della sua utopia sociale a favore degli umili.

Articolo di Anna Bandettini