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Isole Galleggianti - un archivio vivente su Eugenio Barba, Odin Teatret e Terzo Teatro
Tre campi simultanei di azione culturale da realizzare in fasi
1. Memoria come patrimonio cognitivo – Archivio di documentazione storica su Eugenio Barba, Odin Teatret, il teatro come laboratorio e baratto, ISTA/NG, International School of Theatre Anthropology/Nuova Generazione, il Teatro Eurasiano, The Magdalena Project (rete di donne nel teatro) e sulla cultura parallela del Terzo Teatro o teatro di gruppo. Comprende inoltre la biblioteca personale di Eugenio Barba. A disposizione di studiosi, studenti e persone interessate.
2. Trasmissione come condivisione – Elaborazione e sviluppo dei documenti e altro materiale in Archivio Vivente. È un progetto di formazione, e disseminazione attraverso corsi, collaborazioni con le sedi itineranti della Fondazione Barba Varley, istituzioni/università e sessioni dell’ISTA/NG, International School of Theatre Anthropology – Nuova Generazione. Include anche la pubblicazione di libri e del “JTA – Journal of Theatre Anthropology” con accesso digitale libero, e la realizzazione di filmati didattici sull’antropologia teatrale e sulla tecnica dell’attore/danzatore. Questa fase di valorizzazione della memoria storica implica la crescita di un ambiente-catalizzatore di specialisti (Archivio Vivente) in connessione con una rete internazionale di artisti, studiosi e giovani generazioni di attivisti culturali.
3. Trasformazione come atto creativo – Metamorfosi dei documenti e reperti dell’Archivio Vivente in linguaggio visuale/auditivo interattivo. I materiali dell’Archivio Vivente insieme a elementi selezionati da scenografie, oggetti di scena e costumi degli spettacoli dell’Odin Teatret trovano nuova vita attraverso istallazioni/esposizioni artistiche. Con il titolo ISOLE GALLEGGIANTI viene realizzato un percorso interattivo e partecipativo nella “memoria”, con la possibilità per il visitatore di esperire in modi diversi la storia, i viaggi, le tecniche e gli obiettivi artistici di Eugenio Barba, degli attori dell’Odin Teatret e dei gruppi del Terzo Teatro che contribuirono a mutare la cultura dello spettacolo dopo il 1968.
Convegno internazionale Prospettive contemporanee. Terzo Teatro, archivi, regia.
L’utopia del Terzo Teatro e il suo futuro di Oliviero Ponte di Pino
Per festeggiare i 60 anni dell’Odin Teatret, l’Università di Lecce ha organizzato dal 4 al 7 novembre 2024 il convegno internazionale Prospettive contemporanee. Terzo Teatro, archivi, regia, a cura di Eugenio Barba, Francesco Ceraolo, Franco Perrelli, Julia Varley.
Nell’occasione è stato consegnato il Premio Ubu a Eugenio Barba: un documentario realizzato e donato da Jacopo Quadri e Davide Barletti. La conferenza ha guardato al passato, ma soprattutto al futuro.
Il passato è la memoria materiale e storica della compagnia con la loro eredità. La memoria materiale si è sedimentata al LAFLIS, l’archivio di Eugenio Barba e Julia Varley, ospitato dallo scorso anno alla Biblioteca Bernardini di Lecce: da un lato i fondi archivistici, dall’altro una “memoria vivente”, con installazioni (anche multimediali) e iniziative che hanno l’obiettivo di emozionare e coinvolgere emotivamente i visitatori.
C’è un patrimonio della memoria, affidato ai “professori” che da sempre accompagnano il percorso dell’Odin. Ma c’è anche l’insieme delle pratiche del teatro di gruppo, rappresentate a Lecce da quattro formazioni storiche (oltre all’Odin, il parigino Théâtre du Soleil, i colombiani della Candelaria e i peruviani Yuyachkani) e da una rappresentanza di operatori più giovani.
La trasmissione delle conoscenze non è lineare: Raimondo Guarino (Università Roma Tre) parla di un «sapere da inventare» e di una «molteplicità del tramandato».
Non si tratta di riprodurre un mestiere o di costruire una carriera, concorda Georges Bigot del Théâtre du Soleil ma di percorsi di formazione e, soprattutto, di autoformazione.
Il modo di produzione, alternativo al teatro tradizionale, privilegia la creazione collettiva. «Costruiamo performance che nascono dentro e per il gruppo, i temi emergono dal gruppo», spiega Julia Varley.
Per Miguel Rubio di Yuyachkani, la creazione collettiva «non è tanto un metodo, uno stile o un’estetica, ma una pratica politica», basata su cicli di improvvisazioni, riflessioni, discussioni.
Molto spesso il gruppo esce dai teatri (o dalle cantine) per agire nelle strade, nelle piazze, nei mercati, sui sagrati delle chiese: «La situazione politica ci ha obbligato a fare azioni di strada: questa pratica cambia la società, ma cambia anche noi e il nostro metodo di lavoro», racconta Patricia Ariza della Candelaria.
Come nota Luca Vonella di Teatro a Canone, «il teatro cammina su due gambe, la scena e i libri». È anche così che la memoria del teatro può infrangere l’irreversibilità del tempo.
Marco Luciano (Teatro Nucleo) ha ricordato che con il progetto sul Terzo Teatro (diretto dal Teatro Nucleo, dalla Fondazione Barba Varley e dalla Fondazione Fo Rame) sono stati censiti circa 120 gruppi attivi in Italia.
Il contesto in cui viviamo, il buio in cui stiamo sprofondando, tende a logorare, a corrodere, a omologare.
A dare una traccia per il passaggio del testimone può essere il contagio testimoniato da Georges Bigot:
«Ho contribuito a fondare gruppi in Cambogia, nei Paesi Baschi, in Mali, negli Usa»,
accompagnato da una frase Patricia Ariza:
«Ogni spettacolo è una visione del mondo, ogni spettacolo cambia il mondo»
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